Se il passato che è in noi ha il potere di cambiare il presente

"Il ricordo più forte che ho della mia vita più spensierata è il tuffo nel mucchio dell’erba"

“Il ricordo più forte della mia infanzia è il tuffo nel mucchio dell’erba”

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ante volte non ce ne accorgiamo neanche, ma i ricordi del passato, soprattutto quelli dell’infanzia, guidano le nostre azioni presenti e ci indicano la via da seguire.

Questo è successo a me, quando ho deciso di tagliare con un tipo di allevamento insostenibile per gli animali e l’ambiente(*), e abbracciare in toto il progetto “Latte Nobile” portandomi di nuovo  a produrre il latte dell’erba e del fieno.

Ma quali ricordi hanno guidato in modo inconscio le mie scelte degli ultimi anni? Quali immagini del passato hanno portato ad uno stravolgimento così importante dei miei pensieri, e della mia attività attuale? Quali persone di allora hanno ricominciato a farmi sentire la loro voce e a ripetere quei consigli che, quando si è bambini, e poi adolescenti, tendiamo a non ascoltare quasi mai?

 

“Quali ricordi hanno guidato le mie scelte, portandomi oggi a produrre il latte dell’erba e del fieno?”

Il ricordo più forte che ho della mia vita più spensierata è il tuffo nel mucchio dell’erba, sì, proprio quello. Fino ai miei sette anni le vacche erano legate nelle vecchie stalle e, se non uscivano al pascolo per qualche motivo, papà attaccava il trattore al carica-erba e andava a sfalciare i prati intorno a casa, accatastando poi l’erba davanti alla stalla. Da quei mucchi, con molta fatica e con l’ausilio del forcone, papà caricava l’erba a spalla e la portava su e giù per la stalla nella mangiatoia delle vacche, che io ricordo sempre piena del prelibato pasto.

“Papà andava a sfalciare, accatastando poi l’erba davanti alla stalla”

Papà Stefano alle prese con il toro. Alle sue spalle, in alto, il fienile

E io? Io bambina cosa facevo allora? Quello che tutti i bambini in campagna immagino avrebbero fatto: mi tuffavo a peso morto in quel soffice mucchio profumato di erbe e di fiori, colle cavallette zampettanti e i fedeli cani, impazziti di gioia anche loro. Ed ero la bambina più felice del mondo.

A volte mi coricavo sin quasi a farmi inghiottire dalla massa dell’erba e me ne restavo in contemplazione del cielo; altre volte correvo fino in cima a quel mucchio e mi rotolavo giù, felice come solo i bambini davvero felici sanno essere. A pensarci ora non erano enormi come a me apparivano, quei cumuli d’erba, e se una cosa davvero grande c’era in tutto questo, era la pazienza e la premura con cui mio padre riprendeva il lavoro solo dopo essersi sincerato che non ci fossi io in mezzo ai suoi piedi.

 

“Io bambina cosa facevo allora? Mi tuffavo a peso morto in quel mucchio profumato di erbe e di fiori”

Una bambina, il suo babbo, l’erba e le mucche. Una scena che sembrerebbe di altri tempi ma che torna attuale adesso. E che speriamo ritorni ad essere la norma in tante e tante famiglie di contadini dei nostri tempi. Ma quella bella erba, da dove arrivava? Forse allora non me lo chiesi mai. Ma arrivava dai nostri prati! Sì, i prati che abbracciavano la cascina fino a solleticarne i muri, le porte, le finestre. I prati in cui le vacche correvano felici sotto il sole e, dopo una bella scorpacciata, si sdraiavano a riposare e ruminare. Certo, era bello vedere la cascina emergere da questo mare così verde, era bello vedere le nostre bestie così docili e felici, ed era altrettanto e forse ancora più bello avere un papà stanco, ma contento della sua famiglia e dei suoi prati rigogliosi.

“Era bello avere un papà stanco, ma contento della sua famiglia e dei suoi prati rigogliosi”

A questo punto una domanda è più che lecita, e la risposta non potrà che essere una e una sola: chi avrà mai influenzato la mia scelta? Mio padre, di certo: la sua costanza nel lavoro, l’impegno rigoroso nel curare e mantenere in ordine i prati, perché, anche se non lo si direbbe, anche loro sono dei meravigliosi esseri viventi che accolgono nel loro ventre un’infinità di animaletti invisibili e d’insetti, tutti fondamentali all’economia della vita.

“I prati sono anche loro dei meravigliosi esseri viventi”

In tutto questo, non ho dubbi, il lascito di papà è diventato il mio credo: già nel gioco e nelle corse sfrenate nei prati, il suo motto preferito era stato profondamente capito dalla bambina che ero: “Le bestie vanno trattate da bestie, ma vanno rispettate”. Ecco, è il suo rispetto verso gli animali, il suo assecondare la loro natura di erbivori, garantendo ad essi sempre dell’erba buona, la possibilità del pascolo e, d’inverno, il buon fieno, che sono stati e sono alla base del nostro fare di allora, che lo sono ancor oggi e lo saranno domani.

“Le bestie vanno trattate da bestie, ma vanno rispettate.”

Anche senza tanta scuola, ma con una profonda coscienza contadina, papà sapeva che un ambiente naturale ben tenuto era il valore più alto. Era ed è un beneficio per tutti, animali, ambiente ed esseri umani compresi.

Il mondo non cambia in meglio se asseconda i discorsi ambigui o strillati. Il mondo però può tornare ad essere migliore ritornando a dar peso alle semplici parole di un contadino. A quella saggezza antica e rurale di cui spesso si parla in maniera astratta, ma che a ben guardare era già nel solco delle cose giuste. Un solco che noi qui oggi abbiamo ripreso a percorrere anche in sua memoria e per le generazioni future.

Non sarà allora per mancanza di fantasia se, a volte, i nipoti prendono i nomi dei nonni.

In memoria di Stefano Masera (1935-2011), gran lavoratore, splendido papà contadino, e al suo esempio di vita.

“Il mondo tornerà ad essere migliore se torneremo a dar peso alle semplici parole di un contadino”

Claudia Masera

Villastellone, 20 luglio 2016

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(*) sempre chiuse in stalla e nutrite a mangimi (trinciato di mais integrale, unifeed, etc.); reflui inquinanti anziché letame, monocoltura intensiva di mais anziché erba e fieno

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